IL TRIBUNALE
   Ha emesso la seguente ordinanza;
   Rilevato che alle udienza del 5 febbraio 1998  e  del  18  febbraio
 1998  il p.m. e la difesa di Ferri Luigi hanno sollevato, con diverse
 argomentazioni,  eccezione  di  illegittimita'  costituzionale  degli
 artt. 513 e 514, c.p.p., nella attuale formulazione;
   Letti gli atti del giudizio;
   Rilevato  che  all'atto  della  entrata  in  vigore  dell'art. 513,
 c.p.p., come  novellato  dalla  legge  7  agosto  1997,  n.  267,  il
 dibattimento  era  gia' in corso e non erano stati ancora sentiti ne'
 gli imputati ne' gli imputati di reato connesso ex art. 210, c.p.p.;
     che  pertanto  non  trova  applicazione  nella  specie  la  norma
 transitoria  di  cui  all'art.  6,  comma  2, della legge citata, pur
 trattandosi  di  dichiarazioni  rese  nella  vigenza  dell'art.  513,
 c.p.p., prima della citata riforma;
     che  gli  imputati  di  reato connesso Spinetti Pietro, Cattivera
 Pasquale e Cattaneo Giancarlo si sono avvalsi della facolta'  di  non
 rispondere  talche'  il  p.m.  e  la  parte  civile costituita, Medio
 Credito  Abruzzese,  hanno  chiesto  l'acquisizione  agli  atti   del
 dibattimento, mediante lettura, delle dichiarazioni rese dagli stessi
 al  g.i.p.  ed al p.m. con la presenza dei rispettivi difensori e che
 a cio' si sono opposte, quanto alle dichiarazioni dello Spinetti,  le
 difese  del  Simone  e  del Volpe mentre vi ha acconsentito il Ferri,
 quanto alle dichiarazioni del Cattivera le difese del  Simone  e  del
 Ferri  mentre  vi  ha  consentito  la difesa del Volpe e, quanto alle
 dichiarazioni del Cattaneo la difesa del Ferri e del Simone mentre vi
 ha consentito la difesa del Volpe;
     che  l'imputato  Simone  Mauro  si  e'  rifiutato  di  sottoporsi
 all'esame  richiesto  dal  p.m.  talche' questi ha chiesto acquisirsi
 agli atti dibattimentali, mediante  lettura,  le  dichiarazioni  rese
 dall'imputato  al p.m. in sede di indagini preliminari, alla presenza
 del difensore e che nulla le difese  dei  coimputati  Ferri  e  Volpe
 hanno  eccepito,  per  cui  deve ritenersi che vi abbiano tacitamente
 consentito;
     che l'acquisizione mediante lettura  degli  indicati  verbali  e'
 rilevante   in  quanto,  trattandosi  di  processo  indiziario,  essi
 contengono elementi di giudizio che potrebbero concorrere, unitamente
 ad ulteriori risultanze processuali, alla formazione di  un  giudizio
 di colpevolezza o meno nei confronti degli imputati;
     che   anche  in  relazione  all'imputato  Volpe  detta  rilevanza
 sussiste, posto che l'imputazione cosi' come  contestata  in  rubrica
 potrebbe  essere sussunta nella fattispecie di cui all'art. 319, c.p.
 (corruzione propria) per cui il fatto, reato ascrittogli, allo stato,
 non sarebbe ancora prescritto e che, anche  a  voler  ritenere  ormai
 consumato  il  termine  di  prescrizione previsto per il reato di cui
 all'originaria     formulazione,     sempre     sarebbe     rilevante
 l'utilizzabilita' della  documentazione  de  qua  poiche'  necessaria
 nella  scelta della formula assolutoria (assoluzione perche' il fatto
 non sussiste - art. 530, c.p.p.  -  o  declaratoria  di  non  doversi
 procedere  per  estinzione del reato per avvenuta prescrizione, artt.
 531, comma 1, e 129, comma 2, c.p.p.);
     che in riferimento al contenuto dell'art.  513,  c.p.p.,  attuale
 formulazione,   sembra   si   possano  rilevare  diversi  profili  di
 illegittimita' costituzionale.
   1. - Contrasto con l'art. 101, secondo comma, Cost.
   Invero l'art. 101, secondo comma, Cost.,  cosi'  come  interpretato
 dalla  sentenza  n. 88 del 12 maggio 1982 della Corte costituzionale,
 stabilisce che il  giudice,  nell'esercizio  delle  sue  funzioni  e'
 sottoposto  solo  alla legge, principio da intendersi anche nel senso
 che il suo libero convincimento  non  puo'  essere  subordinato  alla
 volonta'  o  all'interesse  dei singoli. L'attuale formulazione della
 norma in esame, al contrario, nell'impedire  l'utilizzabilita'  delle
 dichiarazioni   raccolte   nel  rispetto  della  normativa  all'epoca
 vigente, subordina  all'esclusiva  valutazione  dell'imputato  o  del
 coimputato la formazione del libero convincimento del giudice.
   Ne'  puo'  ragionevolmente ritenersi che la previgente formulazione
 dell'art. 513, c.p.p.,  comprimesse  sostanzialmente  il  diritto  di
 difesa posto che le dichiarazioni rese dal coimputato o dall'imputato
 di  reato  connesso  entravano  nel  giudizio  con  i limiti previsti
 dall'art.  192, commi 3 e 4, c.p.p.
   La norma novellata inoltre, subordinando al consenso delle parti la
 lettura dei verbali in questione, sembra evidenziare scarsa  coerenza
 con  lo  stesso  sistema processuale penale che prevede, nel rispetto
 del libero  convincimento  del  giudice  e  del  perseguimento  della
 verita'  sostanziale,  la facolta' per il giudice, ai sensi dell'art.
 507,  c.p.p.,  di  integrare,  con  il  solo   limite   dell'assoluta
 necessita' ai fini del decidere, l'attivita' probatoria delle parti
   2. - Contrasto con l'art. 111, primo comma, Cost.
   L'articolo  in  esame  sembra  altresi' in contrasto con l'art. 111
 Cost., nella parte in cui prevede  l'obbligo  della  motivazione  dei
 provvedimenti   giurisdizionali,   da  intendersi  quale  motivazione
 logica, coerente e uguale per tutti  gli  imputati,  espressione  del
 libero  convincimento  del  giudice  e  possibilmente  della  verita'
 sostanziale, finalita' queste non raggiungibili  se  si  consente  il
 formarsi  di  diverse  verita'  processuali,  spesso in contrasto tra
 loro.
   3. - Contrasto con l'art. 24 Cost.
   La facolta' concessa, dall'art. 513, comma 2,  c.p.p.,  a  ciascuna
 delle   parti,  di  non  prestare  il  consenso  alla  lettura  delle
 dichiarazioni rese nel corso delle indagini  dall'imputato  di  reato
 connesso,  con  effetto  paralizzante  anche  nei  confronti di altri
 soggetti, incide sul diritto di difesa della parte civile  (la  quale
 ha  scelto  di  costituirsi,  affrontando  le relative spese, facendo
 affidamento su materiale ritualmente acquisito in fase di indagine  )
 e   degli   altri   coimputati   che  vi  abbiano  invece  consentito
 nell'ipotesi in cui  gli  atti  stessi  contengano  elementi  a  loro
 favorevoli.
   Ne'  sembra  che  detta  norma  vada  interpretata nel senso che il
 verbale possa essere utilizzato anche in assenza di consenso  unanime
 e  nei  soli confronti dei soggetti consenzienti, stante la letterale
 formulazione della norma che richiede "l'accordo delle parti"  e  non
 il consenso di alcuna solamente di esse, come e' invece espressamente
 previsto nel primo comma dell'art. 513, c.p.p., novellato.
   4. - Contrasto con l'art. 3 Cost.
   La  indicata  diversita' di regolamentazione delle ipotesi previste
 dal comma  1  e  2,  dell'art.  513,  c.p.p.,  costituisce  ulteriore
 elemento  di  incostituzionalita'  della  disciplina dell'articolo in
 esame, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, posto  che  due
 situazioni  sostanzialmente uguali (dichiarazioni rese dal coimputato
 e dall'imputato di reato connesso), sono  diversamente  regolate  nel
 senso  che  le  prime  sono  utilizzabili  nei  confronti  d  ciascun
 coimputato consenziente, mentre nel secondo  caso  e'  necessario  il
 consenso di tutti gli interessati.
   Sempre  con  riferimento  a  quest'ultimo parametro costituzionale,
 l'art. 513, comma 1 e 2, sembra viziato, per irragionevole disparita'
 di trattamento della utilizzabilita'  delle  dichiarazioni  rese  dal
 coimputato  o  dall'imputato  di  reato  connesso  (con riferimento a
 soggetti terzi ed  aventi  quindi  sostanziale  natura  testimoniale)
 rispetto  alla utilizzabilita' delle dichiarazioni rese dai testimoni
 irreperibili, deceduti, che si rifiutino di rispondere o che  rendano
 dichiarazioni  difformi da quelle in precedenza rese (art. 512 e 500,
 comma 4, c.p.p.).
   Ne' i dubbi  di  costituzionalita'  appena  esposti  paiono  fugati
 dall'allargamento  delle  ipotesi  in  cui  e'  consentito  ricorrere
 all'incidente probatorio.   Invero, premesso  che  nella  vicenda  in
 esame  non  pare  applicabile la norma transitoria di cui all'art. 6,
 comma 1, della legge n. 267/1997 (poiche', alla data  di  entrata  in
 vigore  della  stessa  il  dibattimento  era  gia'  stato aperto), va
 comunque rilevato che nulla vieta agli imputati di reato connesso  di
 avvalersi  della  facolta'  di non rispondere anche in tale sede, con
 effetti analoghi a quelli verificatisi nel presente processo.
   Le censure prospettate appaiono particolarmente  significative  nei
 casi, quale quello in esame, in cui, non trovando applicazione alcuna
 norma  transitoria,  gli elementi di giudizio legittimamente raccolti
 nella vigenza di un diverso regime  probatorio  processuale,  vengano
 totalmente  vanificati  da  una sopravvenuta normativa, benche' detti
 elementi  abbiano  determinato  l'esercizio  dell'azione  penale,  la
 adozione  di  misure  cautelari  personali,  l'emissione  del decreto
 dispositivo del giudizio, la scelta di riti alternativi da  parte  di
 originari ulteriori coimputati e la costituzione di parte civile.
   Pertanto,  tenute  presenti  le  argomentazioni svolte ed il palese
 contrasto con i principi della conservazione degli atti processuali e
 della  ricerca  della  verita'  sostanziale,  sanciti   dalla   Corte
 costituzionale  con  le sentenze n. 241 del 3 giugno 1992 e 255 del 3
 giugno 1992, si ritiene, sia su impulso di parte  che  d'ufficio,  di
 sollevare  in  quanto  rilevante  e  non  manifestamente infondata la
 questione di legittimita' costituzionale degli artt. 513, comma 1 e 2
 e 514, c.p.p., in relazione agli artt. 3, 24, 101,  secondo  comma  e
 111,  primo comma Cost.